La potabilità dell’acqua ed i doveri dell’amministratore di condominio
La potabilità dell’acqua ed i doveri dell’amministratore di condominio
(1a parte)
La questione al momento ancora sopita, ma esistente! si pone in quanto il decreto legislativo 27/2002 ha introdotto il comma n. 2 all’art. 5 del decreto legislativo 31/2002, che così dispone: “Per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico, il titolare ed il responsabile della gestione dell’edificio o della struttura devono assicurare che i valori di parametro fissati nell’allegato 1, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto”.
Tale previsione individua dunque i seguenti concetti: “edifici e strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico”: tra esse, pare corretto individuare i Condomini con la loro rete distributiva idrica; “il titolare ed il responsabile della gestione dell’edificio o della struttura”: tra essi, allora, vi è l’Amministratore di Condominio; il “punto di consegna”: verosimilmente dopo il contatore generale dell’acquedotto, salvi casi specifici diversi da valutare caso per caso; il “punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto”: principalmente i rubinetti all’interno delle singole proprietà esclusive all’interno del Condominio.
Notiamo subito come il “punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto” si trova al termine della rete idrica distributiva delle singole unità immobiliari, che esula da quella condominiale ai sensi dell’art. 117, comma 3, del codice civile.
Ciò posto, passiamo all’esame della disciplina.
Il decreto legislativo non è affatto chiaro sui compiti effettivi che competono all’Amministratore. Infatti, l’Amministratore viene indicato come uno dei garanti della qualità delle acque, senza tuttavia indicare esplicitamente se sia tenuto o no a fare controlli analitici e, in caso affermativo, come procedere.
Esistono attualmente due fonti cui ispirarsi al riguardo
La prima è il parere del Ministero Sanità reso il 10/06/2004, che così testualmente si pronuncia sul punto: “Per quanto concerne gli edifici ad uso esclusivamente abitativo, l’Amministratore del Condominio ovvero, in assenza di questo, i proprietari non hanno l’obbligo di effettuare le attività e i controlli previsti dagli artt. 7 e 8 del Decreto in oggetto, bensì quello derivante dall’attività di controllo dello stato di adeguatezza e di manutenzione dell’impianto”.
La seconda fonte (che, evidentemente, cede il passo rispetto alla prima) è la circolare della ASL di Milano del 16 dicembre 2003, n. 10774, secondo cui i controlli di qualità competono soltanto al Gestore dell’acquedotto, e non al Condominio.
Per la ASL milanese gli Amministratori di Condominio non sono tenuti ad effettuare i cosiddetti controlli interni di qualità, giacché essi spettano esclusivamente a coloro che forniscono l’acqua destinata al consumo umano, vale a dire per i Gestori degli acquedotti. Vediamo ora di trarre qualche principio, fermo restando che le predette indicazioni sono sì significative, ma non vincolanti per l’Autorità Giudiziaria.
La responsabilità di garantire i requisiti di potabilità spetta, dunque, al Gestore dell’acquedotto fino al punto di consegna (di regola il contatore). L’Amministratore di Condominio ha invece la responsabilità di garantire che i requisiti di potabilità non vengano alterati per cause imputabili alla rete idrica condominiale.
Precisiamo questo aspetto fondamentale: se i requisiti di potabilità vengono perduti per effetto della rete distributiva idrica appartenente alle singole unità immobiliari, non dovrebbe affatto sussistere alcuna responsabilità in capo all’Amministratore.
Posta tale importante distinzione, si tratta di capire meglio cosa l’Amministratore sia tenuto a fare per sorvegliare la parte di impianto di cui è responsabile, e cioè la rete di distribuzione idrica condominiale.
A ciò dedicheremo la seconda parte di questo articolo, che sarà pubblicato prossimamente.
Avv. Ermenegildo Mario Appiano
(Comitato tecnico-scientifico IRCAT)
La potabilità dell’acqua ed i doveri dell’amministratore di condominio
(2a parte)
Cerchiamo ora di capire meglio cosa l’Amministratore di Condominio sia tenuto a fare per sorvegliare la parte di impianto di cui è responsabile (e cioè la rete di distribuzione idrica condominiale), al fine di garantire la potabilità dell’acqua. Nella circolare ASL di Milano del 16 dicembre 2003, n. 10774 (la cui sostanza è poi stata avallata dal parere del Ministero della Sanità reso il 10/06/2004, su cui si è detto nella precedente newsletter) viene sancito: “qualora vi sia motivo di ritenere che nella fase di trasporto dal contatore all’utenza le caratteristiche dell’acqua possano essere alterate, l’Amministratore non solo è tenuto a fare le verifiche del caso, ma soprattutto è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari a ristabilire i requisiti di potabilità”.
Sembra allora corretto sostenere che, solo in caso di mancata adozione di questi provvedimenti, l’Amministratore condominiale sia passibile delle sanzioni previste dal Decreto legislativo 31/2001. Come procedere? Sicuramente la questione relativa alla potabilità dell’acqua va portata all’esame dell’assemblea. In questa sede si può deliberare un controllo una tantum sulla qualità delle acque. Ma se l’assemblea fosse contraria? In tale ipotesi, potrebbe l’amministratore considerarsi esentato da qualsiasi responsabilità ovvero egli deve comunque procedere, dovendo preoccuparsi di tutelare la salute anche della minoranza dissenziente (e cioè coloro che i controlli li vogliono?), come parrebbe imposto dalle norme legislative volte alla tutela della salute pubblica.
Il punto sembra destinato a restare per il momento aperto. Al di là di tale non irrilevante problema, che tipo di attività è richiesta all’Amministratore? Egli potrebbe affidarsi a tecnici specializzati (ma chi ne paga la parcella, se l’assemblea è dissenziente?), i quali potrebbero stabilire la tipologia dei controlli da fare.
E’ vero che ci si potrebbe attestare su un profilo minimale di controlli, ma esso qual è? Come fa l’amministratore ad assicurarsi che, da un canto, il controllo sia adeguato e, dall’altro, i tecnici non ne vogliano approfittare per estendere il loro incarico e relativo compenso? A dirimere tale situazione parrebbero particolarmente utili dei protocolli di verifica elaborati da organismi indipendenti, quali ad esempio i laboratori delle Camere di Commercio. Protocolli evidentemente aventi mero valore indicativo e, quindi non vincolanti sotto alcun profilo. Tuttavia decisamente utili.
Senza alcuna pretesa di completezza, si propone qualche spunto di riflessione sulle modalità di attuazione dei controlli di competenza dell’Amministratore, che a nostro parere dovrà attivarsi di propria iniziativa in caso di “situazioni sospette”, quali ad esempio: la presenza di tubature o componenti della condotta idrica in piombo o leghe di piombo; la presenza di un cassone di raccolta condominiale; la presenza di perdite d’acqua nell’impianto; ogni qual volta i condomini lamentino problemi come ad esempio la presenza di solidi sospesi nell’acqua, il colore o l’odore o l’aspetto sgradevole o nel caso di ripetuti casi di tossinfezioni…
Ribadiamo, comunque, che non è assolutamente necessario ripetere l’intero complesso di analisi effettuate dal Gestore dell’ Acquedotto, ma è sufficiente monitorare un ristretto numero di parametri rappresentativi. Solo qualora tali parametri diano un segnale di allarme, ha senso procedere a verifiche più approfondite.
Avv. Ermenegildo Mario Appiano
(Comitato tecnico-scientifico IRCAT)
Studio Gortan – Partita I.V.A. 00884510322