Una questione controversa
Una questione controversa
La Corte di Cassazione si è, recentemente, pronunciata su di una vicenda che, assai di frequente, accade in occasione della vendita di una unità immobiliare che concorre a formare un edificio in condominio.
Questo il caso: Tizio esamina ed approva, in assemblea, l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria alle parti comuni dell’edificio e, successivamente, vende e trasferisce, definitivamente, a Caio l’unità immobiliare.
Questa la questione di diritto: in caso di compravendita di una unità immobiliare in un edificio in condominio, come si determina il criterio di ripartizione in base al quale le spese si addebitano al venditore o all’acquirente, posto che il nostro codice stabilisce il regime della solidarietà dell’onere delle spese in condominio tra il condomino che vende e quello che acquista. La giurisprudenza della suprema Corte, sul punto, non è affatto univoca. Infatti, con sentenza 17/5/1997 n. 4393, la Cassazione aveva stabilito che l’obbligo del condominio di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio deriva non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla ripartizione della stessa, ma dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione e sorge quindi per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto dell’autorizzazione accordata all’amministrazione per il compimento di una determinata attività di gestione. Diversamente, con sentenza 2/21998 n.981, la Corte stabiliva che il condomino di un edificio che venda l’appartamento di sua esclusiva proprietà è tenuto al pagamento dei contributi condominiali deliberati dall’assemblea quando egli era ancora proprietario. Il 18/3/2003 (sent. n. 6323) la Cassazione ha ribadito che nel caso di alienazione di unità immobiliare sita in edificio condominiale, a contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni è tenuto chi riveste la qualità di condomino nel momento in cui si rende necessario provvedere alla conservazione della cosa e, per conseguenza, si eseguono i lavori, non rilevando la data di approvazione della spesa da parte dell’assemblea dei condomini né quella successiva di ripartizione della spesa stessa. Nella sentenza 5/5/2004 n. 8493 i Giudici della suprema Corte, richiamano nella loro decisione tale ultima precedente decisione. E’ proprio il caso di dire che nel diritto non c’è certezza.
A nostro giudizio la questione va risolta nel senso che, innanzitutto, è, assolutamente, opportuno e necessario che al momento della stipulazione del compromesso venga precisata la questione, nel senso che le parti devono inserire una precisa previsione contrattuale circa l’onere del pagamento delle spese che maturano a cavallo della vendita.
Peraltro, il principio che appare, sostanzialmente, più equo e che, meglio, contempera le reciproche posizioni non può che essere quello enunciato dalla Cassazione nel 1997, nel senso che la circostanza che chi fosse proprietario al momento della adozione della delibera assembleare in cui venne stabilito di dar corso alla spesa di manutenzione straordinaria e si stanziò il relativo importo non è, di per se sola, sufficiente a far ritenere insorto in capo al condomino venditore l’obbligo di contribuire nella spesa medesima, insorgendo esso, invece, dal momento in cui le opere di manutenzione straordinaria vengono attuate ed a chi andranno i conseguenti vantaggi e benefici, dovendosi dare una giusta rilevanza al momento in cui vengono eseguiti i lavori che giustificano le spese.
Avv. Roberto Bella – Presidente IRCAT
Studio Gortan – Partita I.V.A. 00884510322