Compravendita e gestione condominiale

COMPRAVENDITA E GESTIONE CONDOMINIALE

Ai trasferimenti di proprietà degli immobili ubicati in stabili condominiali si ricollega di solito il problema riguardante la ripartizione delle spese condominiali tra il soggetto che ha ceduto il diritto di proprietà ed il soggetto che lo ha acquistato e ciò sia con riguardo ai rapporti tra loro, sia con riguardo al rapporto con il condominio, inteso quale ente di gestione, che quelle spese deve recuperare.

La sentenza della cassazione 9 settembre 2008, n. 23345, si occupa di tale materia ed in particolare del vincolo di solidarietà esistente tra venditore ed acquirente di un’unità immobiliare situata in condominio, oltre che della titolarità della legittimazione passiva, determinata in base al rapporto di natura reale esistente con la cosa al momento in cui sorge l’obbligazione.

Ha sostanzialmente confermato un indirizzo, che dopo vari contrasti sembra oramai essersi consolidato nel senso che l’obbligo del condomino di pagare i contributi sorge nel momento della concreta esecuzione dei lavori occorrenti per la manutenzione e quindi nel momento che si rende necessaria l’effettuazione della spesa.

A proposito d’imputazione delle spese tra alienante ed acquirente, occorre subito chiarire che i contrasti giurisprudenziali, che come accennato sembrano essersi composti, erano originati dal problema di stabilire se l’obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni condominiali derivava dalla preventiva approvazione e ripartizione della spesa, oppure dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione.

Un primo filone giurisprudenziale identificava il momento d’insorgenza dell’obbligo di contribuzione alle spese condominiali, al fine dell’individuazione del soggetto tenuto all’adempimento, nell’adozione della delibera assembleare che aveva approvato la spesa, e considerava la successiva deliberazione di ripartizione delle stesse uno strumento volto a rendere liquido un debito preesistente.

Secondo tale orientamento, quindi, nel caso di vendita di un appartamento in condominio, obbligato al pagamento dei contributi era il proprietario dell’unità immobiliare nel momento in cui la relativa spesa era stata deliberata (Corte di Cassazione 2 febbraio 1998, n. 981, in Foro It., 1998, I, 2203, e 26 ottobre 1996, n. 9366, in Arch. loc., 1997, 238).

L’orientamento giurisprudenziale più recente reputa, invece, decisivo il momento della concreta attuazione dell’attività comportante la spesa piuttosto che quello della preventiva approvazione e ripartizione della stessa fra i condomini (Corte di Cassazione 26 gennaio 2000, n. 857, in Arch. loc., 2000, 419, e 17 maggio 1997, n. 4393, in Foro It., 1998, I, 2204.).

Questo indirizzo basato sulla correlazione tra il momento d’insorgenza dell’obbligo di contribuzione alle spese condominiali e il momento in cui bisogna eseguire le opere, è stato spiegato con il fatto che, allorché sono realizzati i lavori le cui spese devono essere imputate, si determina un incremento del valore dell’immobile compravenduto che giustifica l’imputazione del costo degli stessi al soggetto che beneficia di detto incremento e che n’è proprietario al momento della concreta esecuzione delle opere.

Tale recente filone giurisprudenziale ha avuto la prima massima consacrazione con la sentenza della seconda Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione n. 6323 del 18 aprile 2003 che per prima ha definito le obbligazioni dei condomini aventi ad oggetto il concorso nelle spese per la conservazione delle parti comuni come obbligazioni propter rem “in quanto conseguenza della contitolarità del diritto reale su beni e servizi comuni”.

Secondo il principio fissato con chiarezza dalla stessa decisione “l’obbligazione di ciascun condomino, di contribuire alle spese per la conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere, mentre la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa, che ha la funzione di autorizzarla, rende liquido il debito di cui in sede di ripartizione viene determinata la quota a carico di ciascun condomino, sicché, in caso di compravendita di un’unità immobiliare sita in edificio soggetto al regime del condominio, è tenuto alla spesa colui che è condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa.

Ancora con la decisione 1 luglio 2004, n. 12013, la Cassazione ha affermato che momento decisivo del sorgere del predetto obbligo contributivo è quello della concreta esecuzione dei lavori di manutenzione anche se deliberati in precedenza (in Guida al Diritto, 2004, fasc. 28, 49).

E’ noto che per le spese condominiali, ritenute necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio (art. 1123 cod. civ.), come per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, il Codice civile prevede una regola ad hoc disciplinata dall’art. 63, comma 2, delle disposizioni di attuazione che, sia pur nell’ambito del favor nei confronti del condominio, ha espressamente regolato il subentro di un nuovo condomino nella compagine collettiva condominiale al fine della individuazione dei soggetti tenuti al pagamento degli oneri condominiali a favore dell’ente di gestione.

La norma citata stabilisce la solidarietà fra venditore e acquirente, nel senso che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, in solido con il precedente condomino, al pagamento dei contributi concernenti l’anno in corso e quello precedente.

Questa disposizione è evidentemente diretta a tutelare il più possibile il condominio per quanto riguarda le spese condominiali relative al periodo precedente il trasferimento di proprietà, eventualmente dovute dal condomino venditore, in quanto permette all’amministratore di chiederle a chi gli subentra diventando così il nuovo condomino.

Non è sempre agevole, infatti, per l’amministratore, indicare al venditore e al compratore l’entità delle spese condominiali, “esattamente” valutate fino al momento del trasferimento di proprietà.

Soprattutto perché, il Codice nulla ha previsto con riguardo all’individuazione del momento d’insorgenza dell’obbligo di contribuzione agli oneri condominiali tra compratore e venditore, con ciò dando occasione ai diversi contrasti cui si è fatto cenno e a diverse soluzioni ed applicazioni giurisprudenziali prima del recente giusto componimento verso un indirizzo univoco.

Per l’orientamento recentemente consolidatosi che la decisione annotata conferma, quindi, l’obbligo sorge per effetto dell’attività di gestione concretamente compiuta e non per effetto dell’autorizzazione accordata all’amministratore per il compimento di quella determinata attività.

La spesa per la manutenzione di una parte comune dell’edificio deve essere posta a carico dell’acquirente ed è quindi irrilevante la circostanza che la deliberazione dell’assemblea d’approvazione della spesa è stata assunta prima della vendita.

In conformità a tale orientamento, l’acquirente di un’unità immobiliare, dal momento in cui il trasferimento è reso noto all’amministratore, diventa titolare di diritti ed obblighi nei confronti del condominio.

Con l’ultima decisione in esame, la Cassazione ha quindi confermato principi di diritto già espressi, nel senso che con il perfezionarsi del trasferimento della proprietà di un’unità immobiliare, l’alienante perde la qualità di condomino e non è più legittimato a partecipare alle assemblee, potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi dell’anno in corso o del precedente, solo attraverso l’acquirente che gli è subentrato.

Di conseguenza, non può essere chiesto ed emesso nei suoi confronti decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 63 disp. att. cod. proc. civ. per la riscossione dei contributi condominiali, atteso che la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio.

Il venditore perde lo status di condomino, in favore dell’acquirente, “dal momento in cui il trasferimento sia stato reso noto al condominio”.

Da quel momento, legittimato passivo di decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi diventa l’acquirente che deve considerarsi condomino a tutti gli effetti.

Infine, è stato ripetuto il principio secondo cui “l’obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio deriva non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla ripartizione della stessa, atteso il carattere meramente dichiarativo di tali delibere, ma dal momento in cui sia sorta la necessità della spesa ovvero la concreta attuazione dell’attività di manutenzione e quindi per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto dell’autorizzazione accordata all’amministrazione per il compimento di una determinata attività di gestione”.

(Altalex, 2 marzo 2009. Nota di Giuseppe Mommo)

Studio Gortan – Partita I.V.A. 00884510322